Quei signori eleganti son passati di qua
Per chiamare briganti chi nun steva cu lloro
Per lavare col fuoco chi era fuori dal coro
da Gente do Sud -Terroni Uniti
Stiamo vivendo giorni convulsi…
…nei quali i dati sui contagi per diverse settimane sono risultate in continuo aumento come i ricoverati in ospedale e in terapia intensiva.
E Invece di accrescere la spesa sanitaria i prossimi tre anni saranno all’insegna di tagli: le assunzioni arrivano con il contagocce, il numero chiuso per l’accesso alle facoltà sanitarie contrariamente all’impegno assunto non è mai stato rimosso.
Veniamo da due anni di provvedimenti legislativi di urgenza che hanno progressivamente indebolito il ruolo del Parlamento, lo stato di emergenza sarà prorogato presumibilmente oltre i 24 mesi previsti.
Le spinte involutive nella società e nelle istituzioni sono indubbie da qui la urgenza di studiare e comprendere i cambiamenti in atto.
In tal senso, ci viene incontro e ci pare assai utile riprendere in mano il saggio di Byung -Chul Han “Psicopolitica” (Edizioni Nottetempo, 2016).
Principale tema del saggio è il concetto di psicopolitica come superamento della nozione di Biopolitica di matrice Foucaultiana.
Come è ormai mia abitudine negli articoli ospitati in questo blog, alternerò aspetti di analisi di una libro che desidero sottoporre alla vostra attenzione ad osservazioni di carattere personale circa la nostra attualità.
Foucault nelle sue ricerche ha ampiamente analizzato i cambiamenti degli usi, abusi e gestione del potere nella contemporaneità, un potere che si è sempre più orientato verso una diretta organizzazione, gestione e direzione del popolo fino a determinare la gestione della vita di ogni singolo individuo.
Dalle analisi statistiche di matrice illuminista, sul finire del secolo scorso, si passa alla digitalizzazione, e agli odierni i big data.
Questi mirano, direttamente quanto in maniera subdola e nascosta, a promuovere modelli collettivi di comportamento dei quali ogni singolo individuo non è pienamente cosciente: siamo, in realtà, in presenza di pratiche digitali ormai diffuse che dettano linee guida ai comportamenti collettivi.
Se il censimento era una prassi biopolitica tipica della società disciplinare (ancora per usare una terminologia cara a Michel Faucault) la psicopolitica nasce con l’era digitale e, al contrario della biopolitica, interviene direttamente sui processi della psiche, fingendo di non agire direttamente sulla volontà dell’individuo.
I big data vanno oltre la prassi della biopolitica: influenzano, condizionandoli, i nostri desideri.
Desideri studiati, organizzati, targettizzati fino a renderli visibili e sfruttabili a fini di mercato.
E’ quanto accade ormai da tempo e i social sono stati strumenti decisivi per estrarre (plus)valore dal nostro tempo libero.
A quanti di noi sarà capitato di effettuare una ricerca su internet per un B&B o per acquistare un pc e trovarsi nei giorni successivi delle offerte analoghe per la stessa località o per altri modelli di computer!
Collegandoci su Internet – inconsciamente – comunichiamo dati riguardanti i nostri desideri, stili di vita, regimi alimentari, gusti musicali, ma anche le amicizie, le idee politiche e più in generale le sensibilità sociali: tutto questo viene costantemente utilizzato a fini di mercato.
Nasce così il panottico digitale strumento assai più efficace di quello concepito da Jeremy Bentham che, nel 1791, teorizzò un modello di carcere ideale in cui tutti i componenti di un’istituzione carceraria potevano e dovevano essere osservati da un unico sorvegliante, senza che questi ne avessero minima coscienza.
In tal senso, non è più necessario sorvegliare – per poi punire – ogni nostra azione attraverso i vecchi sistemi di controllo: lo si fa in maniera più efficace e apparentemente indolore trasformando ogni individuo digitalizzato nel sorvegliante di sè stesso.
Così facendo la sorveglianza è delegata ad ogni individuo.
Affrontiamo e prendiamo come esempio un argomento “caldo” quanto delicato: il distanziamento sociale in tempo di pandemia.
Ognuno di noi è tenuto non solo al rispetto delle norme anti contagio ma ne diventa esso stesso promotore.
Le responsabilità e conseguenze della malattia non sono quindi unicamente attribuibili a un sistema sanitario falcidiato da tagli, o alle decisioni datoriali di mantenere aperti i luoghi di produzione: ogni colpa è scaricata sui singoli che non hanno osservato alla lettera il distanziamento o magari non indossano correttamente quelle mascherine dimostratesi in taluni casi farlocche come si evince da inchieste avviate da qualche Procura della Repubblica.
Le umane esistenze sono “protocollate”, ogni nostro passaggio sui social è occasione di estrarre dati utilizzabili a fini di mercato e per imporre comportamenti individuali e collettivi.
Non è errato definire l’era digitale come momento supremo del mercato: la psicopolitica digitale sarebbe in grado di impadronirsi del comportamento delle masse indipendentemente dalla coscienza individuale e collettiva.
I cosiddetti “odiatori social” nascono in questo modo: società specializzate spesso al servizio di politici utilizzano le paure collettive e individuali per costruire campagne mediatiche.
In tempi pandemici la psicopolitica liberale, e poi liberista, ha avuto il sopravvento manipolando la stessa idea di libertà.
Se per Marx l’autentica libertà si realizzava collettivamente attraverso la liberazione dal modo di produzione capitalista, gli ultimi 40 anni hanno visto il sopravvento del mercato, dell’idea che meno stato porti a maggiore benessere e libertà.
In questa ottica nasce una sorta di Io che mira alla rottura di ogni patto sociale (l’idea che dal benessere di esigue minoranze possano anche scaturire vantaggi per le maggioranze impoverite ed oppresse), un Io che crede di essere fuori da ogni condizionamento e costrizione quando invece viene sottomesso a continue costrizioni interiori, auto-imposte e per questo non visibili.
L’idea che ciascuno sia imprenditore di sè stesso ha preso peraltro corpo proprio quando il potere di acquisto dei salari diminuiva e ridotte le libertà individuali e collettive.
Se prima la memoria umana era frutto di narrazioni scritte ed orali dentro un racconto in continua evoluzione oggi la memoria digitale accumula dati ma impone comportamenti individuali e collettivi fuori da ogni contesto sociale, lungi da rivendicazioni anti sistemiche.
“Nella società della prestazione neoliberale chi fallisce, invece di mettere in dubbio la società o il sistema, ritiene sè stesso responsabile e si vergogna del fallimento.
In ciò consiste la speciale intelligenza del regime neoliberale: non lascia emergere alcuna resistenza al sistema”
(da Psicopolitica, Byung-Chul Han).
I cittadini si trasformano così in un colpo in consumatori passivi, replicanti senza anima e cervello, quando invece credono di essere autentici protagonisti nei mondo dei social!
Nei due anni passati non è mai stata avviata una inchiesta sulla pandemia, sulle responsabilità politiche e sociali che hanno provocato migliaia di morti.
Ci è stato raccontato che avremmo raggiunto l’immunità di gregge con i vaccini (a prescindere da ogni valutazione sugli stessi) raccontandoci di una sanità pubblica paralizzata dal covid. Vero, ma si dimentica di ammettere che le cause dei ritardi, dei disservizi provengono da lontano, dagli anni nei quali sono stati tagliati un quinto, o un quarto, dei posti letto negli ospedali e in terapia intensiva.
Negli ultimi 40 anni l’Italia ha speso meno di ogni altro paese del capitalismo avanzato, in rapporto al Pil, per la sanità: manca personale e molti ospedali sono al collasso grazie alle politiche di contenimento del debito e del pareggio di bilancio.
Sempre negli ultimi 40 anni hanno distrutto tutele collettive come il vecchio articolo 18 e riempito le carceri per reati che dovrebbero avere misure alternative alla pena e percorsi riabilitativi e di inserimento sociale.
E anche in tempo di Covid le classi sociali meno abbienti e i detenuti sono stati considerati come carne da macello.
Il potere disciplinare ha così “normato” il corpo attraverso la coercizione di abitudini automatiche: il corpo è divenuto una macchina produttiva fino a quando il Capitale ha compreso quanto fosse produttiva la Psiche.
Sorvoliamo sugli antidoti che a parere del nostro Chul Han rappresenterebbero una via di uscita dalla psicopolitica (il valore del vuoto e del silenzio, il ritorno al pensiero di Nietzsche….chi vuole approfondire ben si leggerà il libro).
Proviamo invece a uscire dal controllo totale e dalla dipendenza con le armi del conflitto sociale e politico demonizzato dal neo liberismo, con la ripresa di spazi collettivi nei quali elaborare un modello alternativo alla società della sorveglianza.
Non rivendichiamo il diritto individuale in antitesi a quello collettivo (chi ha scelto di non vaccinarsi viene dipinto come untore o nemico degli interessi collettivi identificati nella produzione, nella ripresa dell’economia e dei mercati prima ancora che nella cura e salute di tutti).
Le collettività sono esse stesse annientate dal pensiero neoliberista e dal modello sociale da esso imposto, le regole a tutela della salute subiscono continui cambiamenti, tra sempre nuove disposizioni sulle quarantene e i “pasticciacci” creatisi tra norme nazionali e regionali.
Alcuni medicinali anti covid sono introvabili come denunciato sulla stampa, per non parlare dell’esigenza di una pandemica – questa si che sarebbe da augurarsi! – liberalizzazione dei brevetti dei vaccinali!
Mettere in discussione le imposizioni di questi modelli significa rimettere la salute, la sicurezza individuale e collettiva al centro del nostri interessi e del nostro operato… nonchè la tutela della democrazia proprio quando si protrae, incostituzionalmente, lo stato di emergenza esautorando il Parlamento a colpi di decreti legge (leggasi nuovo libro di Luciano Canfora, La democrazia dei Signori di cui chissà parleremo a breve…)
Federico Giusti
Delegato RSU, Sindacato di base CUB Pisa
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PSICOPOLITCA
di Byung-Chul Han
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