La storia della piccola locomotiva…

La storia della piccola locomotiva…

La storia della piccola locomotiva… 1024 680 Edi Natali
Intento di questa rubrica non è indagare sulla filosofia di Diogene o di Nietzsche, ma solo lasciarsi provocare da due loro domande: chi è l’uomo? Dio è morto?

Questi saranno, dunque,  i campi di indagine: l’antropologia e la teologia.

Chi scrive ritiene, da una parte, necessario ripensare che cosa significhi essere umani, alla luce di molte derive di-sumanizzanti, dall’altra ritiene fondamentale non perdere il riferimento a quell’ulteriorità che, sola, non permette all’uomo di ripiegarsi e chiudersi su se stesso.

In questa rubrica cercherò di lasciarmi provocare dai tempi ed anche dalle ‘inquietudini’  dei lettori, perché vorrei che questo viaggio fosse il più possibile sin-odale, ossia fatto insieme.

Lasciamoci interpellare dall’oggi: la società-potere vuole davvero renderci liberi ?

La storia della piccola locomotiva…

Durante gli anni ’50  circolava negli Stati Uniti un cartone animato, che aveva come protagonista una locomotiva che sarebbe dovuta diventare un grande treno; suo ufficio era viaggiare sui binari e fermarsi al semaforo rosso. Il piccolo locomotore, però, amava la natura, i prati, i fiori e, quando vi passava accanto, usciva dai binari.

Fu allora escogitato un rimedio, un pharmakon, per far sì che questa non uscisse più dai binari: dinanzi alle distese dei campi in fiore vennero messe miriadi di bandierine rosse, che mandarono completamente in tilt il piccolo locomotore, finché questo non si rassicurò vedendo sul binario una bandierina verde; a quella vista subito si sentì felice e libero di poter tornare a viaggiare sui binari, sapendo con chiarezza che quella era la strada giusta!

Forse meglio di tante disquisizioni, la favola esemplifica il progetto formativo della società capitalista, che ruota attorno al presupposto della necessità di percorrere strade già tracciate, sicure contro ogni deragliamento, verso direzioni approvate dalla società. Come il piccolo locomotore, l’uomo e la donna contemporanei piegano la propria libertà ad un conformismo, ad un’uniformità eterodiretta.

Uscire dai binari significa agire in autonomia, rinunciando a  rientrare in quella che è definita ‘normalità’: l’espressione ‘uscire dai binari’, infatti, è quella che solitamente nel linguaggio comune si usa per indicare comportamenti che non rispondono alle aspettative di una società, che assume ora l’effigie della ‘massa’, in cui ogni differenza è livellata e dove domina incontrastata l’omologazione di desideri e aspettative, a discapito dell’unicità e singolarità delle persone.

Questo è un tratto che sicuramente accomuna la cosiddetta ‘società occidentale’, la società del ‘Primo mondo’ a cui si fa riferimento con l’espressione ‘società di massa’.

Edi Natali

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Edi Natali

Nata a Pistoia il 30/04/64, dopo gli studi classici si laurea in Filosofia presso Università di Firenze con un lavoro sulla filosofia di G.W. Hegel; durante quegli stessi anni inizia il suo interesse per la Teologia che la porterà a conseguire, prima, il titolo di Magistero in Scienze Religiose, poi la Licenza in Teologia Dogmatica presso la Facoltà Teologica dell’Italia Centrale...

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