Insegna Creonte: intervista a Luciano Violante

Insegna Creonte: intervista a Luciano Violante

Insegna Creonte: intervista a Luciano Violante 1024 489 Angelo Chiani
“I tenaci,
mortali errori
di una mente dissennata...”

Creonte

Ho avuto l’onore e l’onere di svolgere un cordiale dialogo con il Presidente Luciano Violante, in merito al suo ultimo libro “ Insegna Creonte” recentemente edito da Il Mulino.

Luciano Violante, già professore di Diritto e procedura penale, magistrato e parlamentare, presidente della Commissione antimafia (1992-1994) e presidente della Camera dei deputati (1996-2001), dal 2019 è Presidente della Fondazione Leonardo-Civiltà delle Macchine. Fra i suoi libri più recenti «Politica e menzogna» (2013), «Il dovere di avere doveri» (2014), «Democrazie senza memoria» (2017), tutti pubblicati da Einaudi, e «Colpire per primi. La lotta alla mafia spiegata ai giovani» (Solferino, 2019).

Per il Mulino ha pubblicato «Giustizia e mito» (con M. Cartabia, 2018).

A voi i felici esiti di questa nostra breve, ma felice, corrispondenza…

CHIANI: Gentile Presidente, grazie per averci gentilmente concesso un’intervista per il nostro blog.

Confesso, sin dall’inizio, che le tre domande che le andrò a porre risentono – e sono state evidentemente ispirate – dei fatti di cronaca politica recente che vorticosamente si sono succeduti durante la lettura del Suo libro.

Insegna Creonte nasce dalla suggestione di cercare di leggere e spiegare il presente grazie e attraverso le drammatiche vicende correlate al mito di Antigone. Non ci sembra per niente casuale – quasi una profezia – che il volume esca proprio in un momento storico in cui la politica italiana stia incappando negli stessi errori commessi dal padre di Antigone, Creonte, nell’esercizio del potere… una fortuita coincidenza?

VIOLANTE: Dal punto di vista editoriale è una coincidenza felice.

La politica, che consiste nello scegliere e decidere, è proprio per questo  frequentemente vittima dell’errore, che può presentarsi in qualsiasi momento sia pure con diversi livelli di gravità. Perciò forse il libro sarebbe stato attuale anche se pubblicato in un altro momento diverso.

CHIANI: Nel corso del libro Lei individua in Creonte tre gravi errori tipici dell’esercizio del potere e della prassi politica: aprire un conflitto che non si è capaci di governare, sopravvalutare le proprie capacità, essere arroganti.

Anche qui i parallelismi con il presente e il recente passato potrebbero essere ben facilmente documentabili.

E’ davvero così difficile mantenere fuori dalla politica queste…debolezze? C’è un Creonte in ognuno di noi, e dunque anche in quanti sono chiamati ad occuparsi della amministrazione della res publica?

VIOLANTE: La politica è per propria natura esercizio del potere, della possibilità di determinare il comportamento altrui. Gli errori che  individuo nell’esercizio del potere politico, sulla traccia del conflitto tra Creonte e Antigone, si possono trovare in qualsiasi tipo di potere, in azienda, nella pubblica amministrazione, nella giustizia, nella scuola…

Non sarà né stolto
né disgraziato l’uomo che,
piombato in un guaio,
rimedia e non s’ostina.

Tiresia (liberamente tratto dall’Antigone di Sofocle)

CHIANI: Quasi alla conclusione del volume, nel capitolo “saper dirigere” ci illustra le qualità e l’importanza del dialogo, della “dialettica politica capace di guardare al medio e al lungo periodo e di rappresentare interessi generali”.

Confesso che spesso, nel mio piccolo, io non riesco a farlo: non ho alcun problema ad accogliere – e dunque legittimare – l’altrui punto di vista quando si parla di opinioni, gusti personali e altri argomenti di non pregnante incisività sulla collettività e la coscienza civile del nostro paese.

Quando però affrontiamo temi che toccano le corde più profonde delle mie personali convinzioni, entro in difficoltà, soprattutto perché preoccupato della responsabilità e dell’eredità ideale che andremo a consegnare alle generazioni più giovani.

Dove trovare la forza di cercare una mediazione, un compromesso, con chi la pensa in maniera opposta alla mia?

E’ passato da poco più di un mese il “giorno del ricordo” che ricorda appunto i massacri delle foibe e l’esodo giuliano dalmata. Come posso trovare un punto di incontro con chi, da anni, utilizza questi drammatici episodi della nostra storia più recente, per “legittimare” il periodo fascista e quantomeno annacquare le responsabilità proprie del regime e dei suoi fiancheggiatori nel terribile epilogo che ha avuto in quei luoghi la seconda guerra mondiale?

Come posso – io che pongo ancora oggi i valori antifascisti presenti nella Costituzione a fondamento della mia vita – a confrontarmi in politica con chi dimentica le responsabilità dell’Italia fascista e non prende nettamente le distanze dai settori di una destra antidemocratica? Con chi utilizza le Foibe per far passare, anche con una certa disattenzione dei partiti di sinistra, il concetto che fascisti e antifascisti hanno le stesse responsabilità storiche? Occorre farlo, a suo avviso, in nome di quello che lei chiama un buon compromesso? O ritiene che in questo caso il compromesso non sia buono perché non porta ad una soluzione utile per il paese?

E, più in generale, l’arte de compromesso è una pratica da ricercare e perseguire sempre e comunque?

Insomma come si può imparare, in politica come nella vita comune, a legittimare veramente le altrui opinioni, anche quando queste entrano in piena rotta di collisione con le proprie?

VIOLANTE: La sua domanda è sincera e profonda; tocca il metodo e lo scopo della politica.

A mio avviso il metodo consiste nello sforzarsi di capire  le ragioni dell’altro e di mettere alla prova le proprie ragioni in base al principio di verità.

Lo scopo è spostare forze, costruire forme di verità giuste e accettate.

Nelle foibe furono uccisi coloro che si opponevano all’annessione all’ex Jugoslavia di quella parte d’Italia. C’era certamente anche uno spirito di ritorsione per quanto aveva  fatto l’esercito italiano in Slovenia e Croazia.

Ma alla radice c’era il problema dei confini.

Tenga presente che mentre a Torino, la mia città, si festeggiò la Liberazione nell’aprile 45, a Trieste la Liberazione avvenne  solo  nell’ottobre 1954, segno della complessità di quella storia.

Aggiunga che il Pci aveva difficoltà perché in un certo momento aveva sostenuto la tesi della cessione di tutta la zona alla Jugoslavia e la Dc non voleva inimicarsi Tito che era diventato un avversario di Stalin.

Dc, PCI e altre forze politiche, tutte in imbarazzo, non si occuparono della questione del confine orientale; conseguentemente  se ne occuparono le destre, facendone oggetto di una propria rivendicazione contro le sinistre. Io credo che a sinistra occorrerebbe  una riflessione seria sulle questioni del confine orientale, altrimenti continueranno ad essere oggetto di opposte quanto inconcludenti propagande.

CHIANI: Grazie, Presidente!

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INSEGNA CREONTE 
di Luciano Violante

Angelo Chiani

Libraio dal 1998, felice di esserlo e speranzoso di restarlo per ancora molti anni. Si innamora dei libri in tenera età ed ancora oggi non vede l’ora di trovarsi in loro compagnia...

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