Il nuovo libro di Alberto Mario Banti: intervista con l’Autore

Il nuovo libro di Alberto Mario Banti: intervista con l’Autore

Il nuovo libro di Alberto Mario Banti: intervista con l’Autore 1024 533 Massimo Trocchi
La democrazia dei followers –
Neoliberismo e cultura di massa, Laterza 2020

In uscita in libreria il 5 Novembre 2020

Diciamolo subito: il nuovo libro di Alberto Mario Banti* è da rubricarsi come un vero e proprio – ponderato, documentato, equilibrato – pamphlet. Un duro e diretto “Je accuse” nei confronti delle politiche economiche di stampo neoliberista che hanno condizionato e continuano a determinare, impoverendo, la vita della gente. Della “gente-gente”, delle “masse”, per usare un termine caro, innanzitutto perché costantemente indagato, al nostro Autore. Insomma: di noi tutti. Con il rigore storico tipico dello specialista, e al contempo determinato e capace nel farsi comprendere anche da chi specialista non è, Banti ci prende per mano e ci accompagna attraverso gli ultimi quarant’anni della storia – economica, sociale, e di costume – del cosiddetto Vecchio Continente, con un particolare occhio di riguardo alle vicende nostrane.

TROCCHI: Tutto ebbe inizio…o forse l’inizio della fine è da collocarsi il 4 maggio del 1979 a Londra. E’ così, Professore?

BANTI: Bè, sì: se si considera quanto le politiche neoliberiste abbiano condizionato le vite di tutti negli ultimi quarant’anni, si può effettivamente dire che tutto comincia nel 1979, con la nomina di Margaret Thatcher a primo ministro britannico, e poi, nel 1981, con l’insediamento di Ronald Reagan come presidente degli USA. Sono loro i politici che, per rispondere alla crisi petrolifera scatenatasi nel 1973, hanno destrutturato le precedenti politiche di welfare e hanno lanciato il modello del neoliberismo. Ed è da lì che tutto è cominciato …

TROCCHI: Cerchiamo di non dare niente per scontato. Le affido un compito ardito, dato il poco spazio a disposizione: proviamo a dare una definizione sintetica e comprensibile del neoliberismo?  Lei stesso sottolinea, nel corso del libro, quanto sia ancora presente ad un livello di “coscienza collettiva” la mancata comprensione di cosa significhi “neoliberismo”  e dei suoi effetti sulla vita delle popolazioni. Tantoché – Lei stesso prosegue – tutti rimaniamo silenti. “La gente non scende in piazza”, salvo pochi esperimenti europei.

BANTI: I punti essenziali sono questi: una decisa riduzione della pressione fiscale, più evidente per i redditi alti e molto alti, più contenuta per i redditi bassi; un conseguente taglio della spesa pubblica, derivante da un budget statale ovviamente meno ricco; «privatizzazioni», ovvero vendita a imprenditori privati delle aziende possedute dallo Stato; «deregulation», ovvero attenuazione dei controlli e delle normative, a partire da quelle relative alle concentrazioni aziendali. Sul lungo periodo un sistema di questo tipo ha generato un vistosissimo aumento delle diseguaglianze (in termini di distribuzione di redditi e patrimoni), rese più acute dal peggioramento dei servizi pubblici, a sua volta conseguente ai tagli nella spesa pubblica. Gli effetti devastanti sulle singole persone sono documentati molto bene da una ricca letteratura scientifica: ma considero Joker, il film di Todd Phillips del 2019, come una illustrazione esemplare degli effetti delle politiche neoliberiste: Arthur Fleck – un uomo molto povero e mentalmente instabile – è definitivamente distrutto dai tagli alle spese sanitarie, che lo privano di assistenza e medicine: e lì la sua psiche deraglia nel modo più drammatico possibile.

There is not alternative?
Svegliamoci dall'incantesimo,
prima che sia troppo tardi.

TROCCHI: Insisto, cito un passo del suo libro, e rilancio: “There is not alternative: (..) i più importanti opinion makers ci impongono l’idea secondo la quale non si può fare che così, cioè non si può che accettare il dogma neoliberista (…), perché se provi a fare qualcosa sei schiacciato come una formica.” Di fronte a questa sorta di “arrendevolezza indotta” da parte delle masse…. mi pare che Lei sia un poco…impietoso. Anche perché le masse sono fatte da singole persone, e le singole persone si trovano quotidianamente a combattere con i propri “mostri”. Dall’universale al particolare, per meglio intendersi: da libraio indipendente, soffro la costante, pervasiva e crescente acquisizione di mercato da parte delle grandi piattaforme di e-commerce internazionali. Ancor prima però di lamentarmi della comprensibile scelta del cliente che compra su questi stores i suoi libri, mi rallegro del fatto che ci sono ancora persone che, nel fare i propri acquisti, cercano un rapporto umano. Una relazionalità che noi ci giochiamo volentieri in termini di competenza, professionalità, proposte culturali e offerte contenutistiche personalizzate. Ma la lotta è impari, e davvero sembrano non esserci alternative. Che fare?

BANTI: A me sembra che nella coscienza di molti milioni di persone, in Italia e in molti altri contesti, non sia chiaro il nesso tra politiche neoliberiste e aumento della diseguaglianza, e in qualche caso anche della povertà. Il mantra «bisogna abbassare le tasse» è accolto dalla grande maggioranza come un passaggio obbligato della politica contemporanea, come se una manovra di questo tipo portasse benefici eguali a tutti. Non porta benefici uguali a tutti. Com’è evidente da tutti i dati disponibili, il neoliberismo ha favorito pazzescamente ricchi e superricchi. Eppure questa cosa non emerge; non diventa tema di dibattito politico; non anima movimenti di protesta. È più facile indurre persone a scendere in piazza contro il lockdown e le mascherine, che indurle a protestare per politiche fiscali che favoriscono solo uno strato sottilissimo della popolazione. Quale sia la via di uscita da questa situazione, non lo so. Non so nemmeno se la pandemia avrà come effetto una ridiscussione collettiva delle politiche neoliberiste. Penso che ci sarebbe un grande bisogno di un nuovo New Deal; ma al tempo stesso mi sembra che i principali media, opinion makers, leader politici, considerino, per dire, F.D. Roosevelt come poco meno che un pericoloso comunista: di conseguenza – almeno sinora – la maggioranza dell’opinione pubblica ha equiparato qualunque seria ipotesi di riforma fiscale a una riedizione di pericolose politiche del passato: e a quel punto ogni possibile dibattito che prendesse in considerazione un nuovo New Deal è morto ancor prima di nascere.

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TROCCHI: Qualche anno fa, di buon mattino, al bar. “Sono stanco di vivere per lavorare, quando bisognerebbe lavorare per vivere”, ebbe a esclamare un amico edicolante in quel di Torino: affermazione espressa in toni drammatici e per niente da bar. Sono rimasto colpito da una distinzione che Lei introduce nel volume, nel rilevare come il neo liberismo abbia letteralmente modificato aspetti del vivere, del concepirsi e del relazionarsi: una vera mutazione antropologica. “Vincere, avere successo, è veramente quel che conta”. Niente più. Lei ci mostra come siamo inesorabilmente passati da una economia di mercato a una società di mercato. Ci può anticipare qualcosa, in merito?

BANTI: La forza del neoliberismo sta nel soft power che lo accompagna; nelle narrazioni che ci circondano; nei programmi televisivi di successo; nell’etica proposta dai film o dalle serie tv di maggior impatto. Conta chi vince. Conta il culto della performance. L’etica della prestazione. Conta esaltare chi sta in cima, in classifiche numeriche che si applicano a tutto, dal calcio, alle università, agli Stati. Conta trasformare qualunque cosa in competizione, dallo stare insieme in una casa, al preparare da mangiare, al mettere insieme parole e significati. Ecco, questi aspetti della cultura di massa contemporanea, insieme ad altri paragonabili che discuto nel mio libro, inclinano moltissime persone a cedere senza riserve al nucleo etico fondamentale del neoliberismo, ovvero l’esaltazione della concorrenza e del libro mercato. Il che è il massimo paradosso, perché il sistema economico (e mediatico) nel quale viviamo è strutturato intorno a poche megacorporation che dominano un mercato nel quale la concorrenza – in alcuni settori – non si sa nemmeno più che cosa sia. Ma intanto continuiamo a vivere all’interno di un immaginario collettivo che ci suggerisce che uno che guadagna, che ne so, 900.000 € l’anno debba essere tassato poco di più di uno che ne guadagna 50.000 €: e questo perché, continua lo storytelling neoliberista, così il super-ricco ha più soldi a disposizione e può investire in innovazioni tecnologiche che miglioreranno le performance dell’economia beneficiando poi tutta la società nel suo complesso. Ebbene, economisti come Thomas Piketty o Luciano Gallino, e altri con loro, ci hanno spiegato benissimo che non è così. Ma – collettivamente – siamo ancora preda dell’incantesimo della dea TINA («There Is No Alternative»). Ecco forse è arrivato il momento di svegliarci e liberarci dall’incantesimo, prima che sia troppo tardi, e arrivi un Joker che fa saltare per aria Gotham City.

E’ proprio vero, spesso, che nelle botti piccole ci sta il buon vino. Un piccolo libro dalle grandi implicazioni. Un primo passo in grado di aiutarci a capire in che mondo viviamo e a non dimenticarci, per dirla con le parole di Adriano Fabris in un recente dialogo avuto con Lui su questo blog, che l’uomo è e rimane “un essere utopico”, sempre alla ricerca di nuove soluzioni e prospettive. Nonostante i mille condizionamenti che spesso ci appesantiscono.

*Alberto Mario Banti è ordinario di storia contemporanea presso l’Università di Pisa.

Le sue ultime pubblicazioni con Laterza

Wonderland (2018), Eros e virtù (2016)

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Massimo Trocchi

Approda a Pisa nel 1994 per gli studi universitari e si laurea in lettere classiche. Apprende per qualche anno il mestiere di libraio a Firenze, e nel 2004 torna a Pisa per rilevare la Libreria Pellegrini...

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