La scorsa settimana cadeva il 27 gennaio, giorno della Memoria.
Poi il 28, 29…oggi, e la Memoria non è svanita.
Una volta di più non può e non deve farlo. Questa sera è la sera del 3 Febbraio, con domani facciamo 4. Ogni giorno è Memoria.
La Memoria per gli ebrei così come per chiunque abbia pagato dolore e morte ad un prezzo sproporzionato è giorno da tenere vivo, celebrare sì, anche oggi e sicuramente domani per non dire dei secoli a venire. Sì, secoli.
Tutti i giorni sono da rispettare da parte di chi è vivo, e in nome di chi non lo è più.
Per chi sa che senza quel sacrificio le cose sarebbero andate diversamente, per chi non riesce a vedere quello che potrebbe riaccadere, anche per chi crede che seminare odio e intolleranza sia l’unica cura possibile. Per chi è distratto e di solito dimentica a prescindere da cosa dimentica; forse la categoria peggiore.
Grazie all’emergenza sociale ho visto casualmente più pellicole cinematografiche sulla Shoà come non mai; film, docufilm, brutti film, film enormi in fatto di bellezza e verità, testimonianze visive sul prima e dopo, sulla gente inghiottita dal male nazifascista, insomma su quegli anni lì, su quel pezzo di storia.
Storia che fortunatamente sta cambiando la sua stessa narrazione; non più solo l’inconfutabile icona dei lager, ma anche tutto il resto che è stato, è adesso e sarà, se non staremo attenti.
Nel bene e nel male, sì, male, perché ne circola.
Lo sapeva anche Stephan Ernst, nazi-criminale del terzo millennio, ne era quasi felice, lui il male lo conosce da vicino e ci va d’accordo.
Lo sapeva Ernst quando la notte del 2 giugno del 2019 ha sparato in testa ad un uomo diverso da lui, troppo, un uomo che si occupava degli altri, specialmente se ai margini.
Quell’uomo si chiamava Walter Luebcke, un nome nella cristian democrazia del distretto di Kassel, una brava persona dedita ai diritti dei migranti, a fianco della signora Merkel per tenere aperte le porte del paese. Come quelle del centro di accoglienza che tanto infastidiva i nazisti di zona e di casa a Kassel.
In prima fila quelli di Combat 18, gruppo che storicamente ha come riferimento Adolph Hitler, e ancora gli xenofobi di Pegida e i nostalgici del Terzo Reich radunati sotto la sigla dei Reichsbuerger.
“Era seduto su una sedia nella terrazza della sua casa…..gli abbiamo intimato di non muoversi….io stesso l’ho spinto di nuovo sulla sedia quando ha tentato di alzarsi.”
Ernst durante il processo istruito contro di lui lo urla in faccia alla moglie della vittima, quasi sfidandola con parole e sguardo.
“E’ stato il suo ultimo momento. Davanti a sè il viso di un mio camerata e poi il colpo di pistola. Fine della storia.”
Ci sono ancora alcune cose da chiarire sull’assassinio di Luebcke, dettagli per chi ama la giurisprudenza ma quel che conta è che Ernst alla fine è stato catturato e processato, un anno e mezzo dopo aver ucciso e al termine di un processo durato sette mesi. Non uscirà più di prigione. Come è giusto che sia.
Cosi come è giusto non dimenticare mai Walter Luebcke. Ucciso da un nazista di casa, come tanti ce ne sono in giro, in Germania come in Italia, come in Francia, come nell’Europa dell’est.
Questo è un allarme.
Da non dimenticare.
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