Vecchio mio…
spero non ti dispiaccia se ti chiamo così, come il protagonista del Grande Gatsby. Ebbene, come posso consigliarti un solo e unico libro?
Rischio di perpetuare un grave Delitto meritando peggior Castigo.
Forse Cent’anni di solitudine al confino basteranno per pagare una tale colpa?
E poi, sono certo di andare incontro a un ulteriore rischio: quello di proferire una bugia tale che mi si allunghi il naso come il poeta Cirano.
Per uno come me, che ha iniziato a leggere nell’ormai lontano 1984, scegliere un solo “amore” è un po’ come trovarsi esposto agli umori di Cime tempestose o, ancor più spaventoso, essere chiamato ad affrontare un Giro del mondo in 80 giorni sorretto solo da brevi passi sussurrati all’Ombra del vento.
Davvero, credimi vecchio mio, mi trovo a camminare sulLe braci ardenti e potrei perdere del tutto il senno cadendo ubriaco in una taverna frequentata da adepti della Confraternita dell’uva.
Oppure, a secondo del consiglio che ti offro, ti apparirei patetico come quel Vecchio che leggeva romanzi d’amore o, magari ancor più stralunato: un solitario Maestro che sfoglia tutto solo una Margherita in giardino invernale e che chiama per Nome una rosa.
Magari, invece, finirei come quel tale che ancora cerca invano Il più buono del paese guidato dalla luce della dea Astarte. Ma se proprio mi chiedi di investigare nel profondo di me stesso, novello Sharlock Holmes, cercando una verità come Nel caso Harry Quebert, ti darò una risposta che non sia Una, nessuna e centomila.
Sappi che ogni libro è un viaggio e noi siamo solo intrepidi Pellegrini.
E, allora ascoltami bene, chi ha La vita davanti a sé non perda tempo e legga più che può, qualsiasi cosa, senza storcere troppo il naso, ricercando in ogni pagina uno spicchio di verità su sé stesso.
Ma, dunque, qual è la mia scelta finale? Forse quel romanzo che mi capitò per le mani a 11-12 anni.
Quello in cui Pennac mi ha insegnato che anche gli Orchi possono finire in paradiso se scrivono da Dio.
Non ritengo sia il libro più bello in assoluto, ma è stato il primo a trasmettermi la febbre per quelle parole che si rincorrono l’un dopo l’altra sulla carta bianca.
E’ quel libro che appena terminato mi ha lasciato solo e malinconico (“e ora ne troverò un altro?”).
Quel libro che mi ha instillato nel cuore il desiderio di impugnare anch’io una penna provando a sopravvivere con essa ben stretta fra le dita.
Saverio Bargagna
Giornalista de “La Nazione”
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