…Forse sto facendo un passo più lungo della mia gamba.
Accettare la proposta di aprire uno spazio di dialogo a 360 gradi, con la libertà di scegliere i temi e toni, nel perimetro degli interessi di una libreria storicamente legata all’Università di Pisa, costituisce una sfida non da poco. Ma non potevo non accettare un invito che è frutto di un’amicizia sincera che mi lega ai librai Pellegrini. Anche se sono pellegrini solo di fatto, e non anche di “vero nome”.
Il fatto che la Libreria continui a chiamarsi Pellegrini non è però un caso. Ovviamente ci sono ragioni concrete, persino commerciali, ma deve esserci qualcosa di più. I nomi sono solo apparentemente frutto di un caso, in quanto nella realtà costituiscono la conseguenza di una scelta e di una storia. A me piace avvicinare il nome di questa libreria alla sua essenza evocativa: un luogo in cui i libri invitano al pellegrinaggio.
Il pellegrinaggio è uno stato dell’anima, che talvolta si traduce in un cammino concreto che immerge in panorami e contesti sempre nuovi. Il pellegrino deve essere disponibile a proseguire nel cammino riconoscendo l’essenziale e adattandosi alle condizioni del percorso. Le quali costituiscono il cammino prescindendo da chi lo compie. Sono un fatto. Di fronte al quale chi cammina deve reagire col cuore e col cervello. Cercando se possibile di non creare contraddizioni fra l’uno e l’altro. Questo “se possibile” diventa il centro della questione. L’impossibile appare alla portata del pellegrino che usa il cuore, e che per questo deve combattere anche contro il proprio cervello, che spesso suggerisce calcolo, prudenza, intelletto. Tutte cose buone che il cuore può però travolgere in un attimo solo. In genere quando lo sguardo incontra, magari per un solo istante, la via per l’impossibile.
nel cammino riconoscendo l’essenziale
e adattandosi alle condizioni del percorso.
Queste considerazioni possono sembrare stravaganti, o fuori tema, e comunque inadatte a giustificare perché avvio questa collaborazione. Tuttavia, proprio queste sono le idee che mi hanno portato ad accettare l’amichevole invito a partecipare a questa avventura della Libreria Pellegrini, che ben sapeva di poter contare sulla mia presunzione, tanto da lasciarmi (troppa?) carta bianca: poter scrivere su tutto, semplicemente raccontando ciò che pare a me. E chi sono poi io per avere titolo di parlare? In realtà nessuno. Sono semplicemente un amico della Libreria Pellegrini che accetta di fare in questo spazio virtuale, e perciò molto concreto, il suo contrappunto insieme ad altri amici della Libreria. Niente di più.
In questo spazio cercherò di costruire ponti che rimettano in contatto luoghi che sembrano essersi irrimediabilmente divisi. Ad esempio, a me pare che la politica non dialoghi più con la cultura, che la scienza abbia interrotto il confronto con la dimensione dell’impossibile, che un po’ tutti viviamo in piccoli mondi separati, nei quali la tentazione di padroneggiare sovrasta la necessità di vivere relazioni autentiche: come se non fossimo necessariamente interdipendenti.
Inoltre, a questo punto del cammino, dobbiamo fare i conti con un fatto nuovo che acuisce queste fratture: il coronavirus. Un fatto che apre tante diverse ferite che devono essere tutte curate, e per le quali non ci sarà alcun vaccino. Saranno pietre d’inciampo nel nostro cammino. Ma sappiamo che inciampare non è sempre necessariamente doloroso. Ci si può rialzare; specialmente se c’è qualcuno che ci aiuta a farlo. Talvolta rialzandoci, o solo riprendendo l’equilibrio dopo essere inciampati, intravediamo l’impossibile diventato possibile. Ci stupiamo che possa accadere. Eppure, succede. A me pare che questa consapevolezza possa essere l’elemento che rende il nostro pellegrinaggio meno preoccupato e più fraterno. Proveremo a farlo anche incontrandoci in questo spazio, almeno, così … a me pare.
Pierluigi Consorti
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Molto bello questo articolo…