Confesso, sono rimasto un po’ deluso
nell’ascoltare il Presidente Draghi leggere in tv la lista dei suoi Ministri.
Tante, troppe mi sono sembrate, le conferme rispetto al precedente Governo e tra i politici nominati e confermati troppi quelli che non avevano lasciato buoni ricordi tra i cittadini.
Molti, come me, credo avessero sperato in qualcosa di più “coraggioso” sentite le parole del Presidente Mattarella dopo l’esplorazione del Presidente della Camera “avverto il dovere di rivolgere un appello a tutte le forze politiche per un Governo di alto profilo, che non deve identificarsi con nessuna formula politica” e alla luce delle profonde delusioni lasciate dal precedente Governo.
Quarantotto ore dopo la delusione non scompare del tutto, ma lascia il campo a una più pacata riflessione: alla vigilia del semestre bianco sarebbe stato un errore mortificare i partiti pure reduci da due/tre anni davvero disastrosi e fallimentari.
Otto tecnici su ventitré ministri e tutti in ruoli chiave possono essere una garanzia per rimettere in strada il Paese se in sintonia con il Parlamento e con tutte le forze politiche alle quali ora Draghi ha la serenità di poter chiedere “lo sforzo di dominare i propri risentimenti” come suggeriva di fare Albert Camus nel suo libro “La peste”.
L’esperienza negativa del governo tutto tecnici di Mario Monti probabilmente è stato un punto di riferimento utile per non ripetere gli stessi errori.
Come dire dunque: prudenza e realismo. Basterà per avviare una nuova fase “costituente” come auspicata da Antonio Polito sul Corriere della Sera?
Il rischio della continuità col passato è altissimo, troppi i malumori all’interno delle forze politiche.
Tutto dipenderà da quanto potrà fare/riuscirà a fare il Governo nei primi cento giorni di lavoro.
Un risultato sicuramente è già acquisito: nessuno a Bruxelles, a Parigi o a Washington avrà più l’ardire di guardarci con sufficienza.
Non è poco per partire.
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