Ddl Zan: prima mettiamoci in sicurezza e poi continuiamo a discutere

Ddl Zan: prima mettiamoci in sicurezza e poi continuiamo a discutere

Ddl Zan: prima mettiamoci in sicurezza e poi continuiamo a discutere 1024 489 Pierluigi Consorti
A me pare che…

 

la discussione sulla proposta di legge Zan sia turbata da troppe pregiudiziali di carattere ideale e persino ideologico.

La legge, e in particolare il diritto penale, non dovrebbe sopportare il peso di zavorre superflue.

Quando ci si accorge che esistono condotte riprovevoli, è opportuno che il legislatore provveda a punirle.

A questo riguardo, la prima domanda da porsi deve essere semplice e concreta:

capita che qualcuno usi violenza
contro una persona
per il solo fatto di
essere omosessuale o disabile?

Se questo capita, bisogna che la legge lo prevenga, anche con la deterrenza di una opportuna punizione ad hoc.

Questo ragionamento è già stato seguito in passato per altre simili fattispecie oggetto di violenza discriminatoria.

Si tratta dei cosiddetti «delitti contro l’uguaglianza», che sono previsti dagli articoli 604 bis e 604 ter del codice penale, e puniscono – se il fatto non costituisce un reato più grave – chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette violenza, o atti di provocazione alla violenza o atti discriminatori per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

Personalmente non vedo perché la medesima posizione non dovrebbe essere assunta nel caso in cui odio o violenza fossero indirizzate contro persone omosessuali o diversamente abili.

La domanda concreta e non ideologica impone di reagire alla violenza discriminatoria punendo chi pensa che una certa identità sia superiore alle altre, e perciò agisce per escludere chi esprime la propria diversità rispetto a questo prototipo, addirittura colpendolo violentemente.

Una parte della discussione pubblica evita di assumere questa priorità come tale, e sposta la discussione sulla problematicità del divieto di «diffusione» delle idee che – nel caso del disegno di legge in questione – contestano le tesi dell’unicità della famiglia come società eterosessuale, e più in generale contestano le prospettive di genere, e percepiscono la nuova legge come strumento di «incriminazione» delle loro posizioni.

A me pare che questa preoccupazione sia del tutto fuori luogo: chiunque potrà continuare a esprimere il proprio pensiero a riguardo, ma al tempo stesso dovrà prestare attenzione perché la diffusione di queste opinioni non inciti all’odio o a commettere violenza.

Una cosa è dire che l’identità
segue caratteri
biologicamente predeterminati:
si può discutere.

Cosa ben diversa è concludere che su questa base bisogna «eliminare» chi esprime un diverso orientamento.

Mi spiego meglio.

Chiunque è legittimato ad affermare che a suo parere l’omosessualità costituisce una deviazione morale.

Fin qui nulla osta.

Ma se su questa base invitasse l’uditorio a ostracizzare gli omosessuali o, peggio, a picchiarli, non vedo perché non si dovrebbe ritenere configurata l’ipotesi delittuosa dell’incitamento all’odio.

Sotto questo profilo, la legge non censura le idee, ma vieta che queste possano trasformarsi in pratiche odiose.

Alcuni si dicono infine spaventati dal fatto che i singoli fatti resterebbero soggetti all’interpretazione dei giudici, forse perché temono una deriva di arbitrarietà nei loro giudizi.

Tali preoccupazioni rivelano una scarsa frequentazione degli spazi giuridici, dato che

il diritto è esattamente
scienza dell’interpretazione
e non può essere altrimenti.

L’arte di interpretare desta legittime preoccupazioni in chi non possiede gli strumenti tecnici per affrontarla, ma bisogna avere fiducia nella capacità dell’ordinamento di porre in essere un sistema di bilanciamenti e contrappesi in grado di colpire il bersaglio giusto – ossia, prevenire discriminazione, odio e violenza – garantendo altresì la serena libertà di espressione di ogni idea.

A me pare che il bene giuridico che in questa occasione siamo chiamati a proteggere è da un lato il diritto di essere se stessi, e dall’altro il diritto a non essere per questo perseguitati.

Ora parliamo di omosessualità, genere, disabilità, in passato di razza, etnia o religione: il nodo è sempre lo stesso.

La legge non può disegnare un modello preferenziale di identità.

Tanto meno può escludere a priori il riconoscimento di identità plurali: significherebbe imporre a tutti lo stesso modo di essere, pensare, credere, vivere.

Per provare a convivere insieme in pace dobbiamo avere il coraggio di dire che ciascuno può essere se stesso, e che deve avere fiducia nella capacità della legge di garantire questa possibilità a tutti e tutte.

Mettiamoci in sicurezza, e poi continuiamo pure a discutere liberamente.

Suggeriamo la lettura del romanzo:

IL PRIMO CHE PASSA
di Gianluca Nativo

Pierluigi Consorti

Insegna all'Università di Pisa materie che riguardano i rapporti fra diritto e religione, Terzo settore e gestione dei conflitti...

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1 commento
  • Rassegna 12.06.21 | Stefano Ceccanti 12 Giugno 2021 a 09:16

    […] Sulla Germania Bufacchi sul Sole e Flammini sul FoglioSul Governo Cerasa sul FoglioSui decreti attuativi Rogari sul Sole e un articolo di AvvenireSulla giustizia Ferrarella sul Corsera, Capone sul Foglio, Curreri sul Riformista, Cottarelli sul DubbioFusani sui partitihttps://notizie.tiscali.it/politica/articoli/tridente-centrodestra/Consorti su omofobiahttps://news.libreriapellegrini.it/sul-ddl-zan-prima-mettiamoci-in-sicurezza-e-poi-continuiamo-a-dis… […]

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