La capacità “montana” di resistere. La Bergamasca nella morsa del COVID.

La capacità “montana” di resistere. La Bergamasca nella morsa del COVID.

La capacità “montana” di resistere. La Bergamasca nella morsa del COVID. 640 360 Renato Tamburrini
A proposito di L’urlo di dolore: la Val Seriana nell’epidemia da Covid-19: le storie da non dimenticare, Alberto Luppichini; prefazione di Vittorio Feltri.  Milano, Guerini e Associati, 2020.

 

È passato quasi un anno da quel 23 febbraio in cui ebbe inizio la catastrofe della Bergamasca e della Val Seriana.

Due positivi al Coronavirus identificati nell’ospedale di Alzano, e poi una corsa veloce verso il precipizio, i morti, le bare portate via dai camion: una successione di eventi che ci lasciò sgomenti per settimane.

Poi è venuto il resto, l’estate, la ripresa del virus stavolta in modo più diffuso nel territorio nazionale, i colori delle zone, le polemiche sanitarie e politiche, e insieme il rischio di dimenticare la violenta tragedia, allora circoscritta a poche zone del Paese.

Certamente ad aiutare la nostra memoria ci sono i filmati, i documenti, le voci dei protagonisti, tutto disponibile, tutto consultabile… volendo.

Ma forse niente più di questo libro essenziale – 150 pagine serrate – ci può restituire il clima e gli eventi di quei giorni.

Prima di tutto la terra: la Bergamasca operosa, solidale e radicata nei suoi valori (una identità di valori e una capacità muscolare, montana, di resistenza alle intemperie, come dice nell’introduzione Vittorio Feltri, bergamasco doc).

Un libro in cui non sono presenti scoop e rivelazioni, ma le testimonianze di “una geografia umana…fatta di collegamenti, di ogni uomo e donna e mestiere agganciato ad anello con gli altri delle strade accanto… e soprattutto della continuità e dell’impegno comune, quando le campane hanno suonato a raccolta, del dispiegamento dei valori che già fondavano e animavano la valle.

È questa la chiave di lettura, anzi il leitmotiv che percorre il reportage di Alberto Luppichini – giovane giornalista al suo primo libro – che ha composto sostanzialmente una specie di spartito in quattro tempi.

Nel primo troviamo le avvisaglie, la chiusura e la riapertura dell’ospedale di Alzano, la mancata sanificazione, la zona rossa annunciata e mai costituita, con la testimonianza puntuale di Gessica Costanzo, direttrice di Valseriananews.it, un portale locale di notizie: l’assenza di quarantena e la mancata sanificazione – diversamente da quanto era accaduto a Codogno – furono le cause principali della deflagrazione del virus che colpì la città di Bergamo e le valli.

Il secondo tempo raccoglie le voci della valle: Nembro, Clusone, Fiorano al Serio, Valbondione con le loro storie di malattia, di dolore e di morte, di rabbia e frustrazione, ma anche di solidarietà e di speranza di rinascita.

Il terzo tempo racconta delle voci della fede: il potente “argine contro la disperazione” rappresentato dalle chiese, le omelie dei preti di campagna, la loro dedizione, il loro pesante contributo in termini di malati e di vittime, la vicinanza alle persone più fragili e più sole dell’associazionismo cattolico, tradizionalmente molto presente in quella provincia.

L’ultima parte è dedicata alle testimonianze degli operatori sanitari, i medici di base, i farmacisti, gli infermieri impegnati in “una corsa disperata contro il tempo”, veri e propri “medici in prima linea” (tra tutti Ariela Benigni, dell’Istituto Mario Negri, menzionata anche nei ringraziamenti finali), col racconto della scoperta dei sintomi, i tamponi, i ricoveri, le situazioni più critiche ma anche gli esiti positivi.

Adesso che la tempesta sembra passata e che la Bergamasca sembra quasi immunizzata dal virus, e comunque epidemiologicamente molto al di sotto di altri territori lombardi, la riconquista di una qualche forma normalità non dovrebbe andare a discapito della memoria, non per cercare vendetta, bensì esclusivamente chiarezza, conclude Luppichini, esprimendo anche in questa clausola lo spirito autentico di una popolazione orgogliosamente fiera e umilmente cristiana.

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Renato Tamburrini

E’ nato in Valcomino, al crocevia tra Lazio, Abruzzo e Molise. Vive in Toscana da molti anni, con sintomi talora preoccupanti di bipolarismo etnico e culturale...

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