Homo homini lupus: in margine a “E allora le foibe?” di Eric Gobetti

Homo homini lupus: in margine a “E allora le foibe?” di Eric Gobetti

Homo homini lupus: in margine a “E allora le foibe?” di Eric Gobetti 1024 548 Angelo Chiani

Ho chiesto al mio amico Luigi Gerosa di leggere l’ultimo libro di Eric Gobetti, appena edito da Laterza. Ne è venuta fuori una approfondita recensione che volentieri pubblico all’interno della mia rubrica. Grazie Luigi per questo tuo contributo, in merito ad un libro che ho personalmente apprezzato: i tuoi spunti ed obiezioni rimangono per me vere e proprie “domande aperte”.

Angelo Chiani

Da appassionato onnivoro lettore,

mi è stato chiesto di esprimere qualche riflessione su “E allora le foibe?” di Eric GobettiLaterza 2020. Si tratta di un libro di piccolo formato e di poco più di 100 pagine: si legge in circa 3 ore. Come potete immaginare si incentra sui fatti avvenuti dal 1943 agli anni cinquanta del dopoguerra nell’area di confine giuliano dalmata: i massacri e l’esodo da quelle regioni delle popolazioni italiane.

A differenza di un’opera narrativa,  penso sia piuttosto impegnativo commentare un saggio o comunque un lavoro di divulgazione scientifica di qualsiasi natura: presuppone che il volenteroso aspirante critico conosca l’argomento quasi quanto l’Autore o che prenda il suo tempo per documentarsi opportunamente.

Quando poi l’argomento invoca implicazioni ed interpretazioni ideologiche/politiche (divisivo, si direbbe oggi) come quello qui in discussione, la cosa si fa ancora più spessa.  Lo stesso Autore dice di aver scritto  questo saggio perchè il tema non venga brandito ad uso propagandistico, attraverso manipolazione di grandezze e di motivazioni . Alla fine, secondo me, forse non riesce nell’intento, e per neutralizzare l’arma rischia brandeggiarla a sua volta , ma ne parliamo dopo.

Per quanto detto sopra, le mie sono solo semplici riflessioni e ricordi e non frutto di rigore storico ed interpretativo, e come tali abbiate la bontà di riceverle.

Il mio primo ricordo di questi eventi risale agli anni 1965/66, terza classe dell’Istituto Tecnico a Monza. Devo prenderla un po’ alla larga, chiedo scusa in anticipo: Il prof di Lettere e Storia si chiamava Franco Fortini.

Pur non noto al grande pubblico, era ed è un personaggio assai noto negli ambienti della pubblicistica, saggistica ed editoria.  Pensatore assai fuori dagli schemi, fu partigiano della Repubblica dell’Ossola, lavorò alla corte di Adriano Olivetti, frequentò gran parte dell’intellighenzia del secondo ‘900, scrisse per il Corriere della Sera e L’Espresso e molto altro (se volete potete curiosare sul web per saperne di più). Poiché era intellettuale piuttosto “off  grid” venne a trovarsi nella necessità di insegnare per vivere.

In forza di un concorso vinto nel 1943 ebbe la sua prima cattedra proprio in quell’anno a Monza. Purtroppo rimase solo un anno ma, almeno a me, ha lasciato un ricordo importante. Torniamo a noi.  Il primo tema in classe (allora si chiamava compito in classe di italiano, sul foglio protocollo piegato a metà: si fa ancora così?) fu “Homo homini lupus” , chiuse le virgolette , non una parola di più.

Grande sconcerto tra noi diciassettenni dell’ Istituto tecnico e non liceoclassisti con puzza sotto il naso (che pure avrebbero avuto le loro difficoltà). Per inciso, ricordo che al nostro stupore rispose:

Se volete un tema
veramente difficile
fate questo:
"Una sedia".

Scusate se mi sono abbandonato a questi ricordi da uomo anziano, ma torno subito a bomba.

Quando restituì il tema con le correzioni ed i giudizi, ricordo che il Prof  richiamò tra i tanti argomenti le foibe e l’esodo del dopoguerra come comportamenti collettivi rispecchianti quella frase in latino. Siccome sono passate cinque decadi e mezzo, non ricordo come l’argomento venne trattato, probabilmente solo accennato. Ricordo bene però che l’argomento risultò a tutti sconosciuto e sorprendente, anche ai più attenti.

Questo testimonia come quei fatti siano a lungo stati emarginati e dimenticati fino all’inizio degli anni 2000.

La Giornata del Ricordo fu istituita nel 2004.

Gobetti dedica l’ultima ventina di pagine ad analizzare le regioni dell’oblio prima e del recupero poi. In soldoni dice che prima faceva comodo a tutti : alla sinistra tacitare eccidi verso la brigata Osoppo o il “famigerato” gulag di Goli Otok ed il cambio di direzione di Tito nel 1948, la destra non aveva sufficiente forza per tirar fuori il tema.

Con la caduta del regime di Tito, Slovenia e Croazia avrebbero avuto solo vantaggi nel distinguersi dal passato regime.

Parimenti anche in Italia la caduta del vecchio PCI e il presentarsi alla ribalta di nuove forze conservatrici concorrono al disvelamento delle foibe e dell’esodo. Probabilmente tutto storicamente condivisibile.

Devo fare un appunto all’Autore in merito all’oblio: oblio non ci fu da parte delle popolazioni coinvolte, ed il capitolo avrebbe meritato un inciso in merito alle opere di narrativa, soprattutto quei memoriali delle persone che hanno vissuto quelle tragedie (in realtà elenca alcuni testi in appendice).  

E’ una lettura che mi manca e non so se tale lettura suffragherebbe le tesi di Gobetti o meno.

In merito, pero’ c’è un libro che è stato a lungo sul mio comodino e che ancora oggi “spilucco” (si presta ad essere letto a spizzichi e bocconi) “L’infinito viaggiare” di Claudio Magris. Vi trovate uno scritto del 1990 a titolo “Primavera Istriana”  che merita di essere letto prima o insieme al nostro saggio. Vi si cita anche il romanzo “Verde Acqua” di Marisa Madieri (moglie di Magris, morta prematuramente) come testimonianza di complementarietà tra slavi ed italiani. Lo cito perché in questo libro, ed in altri, c’è la tragedia vista con gli occhi di un bambino.

Che non sia
un buon modo
di vederci meglio?

Faccio un inciso: mi accorgo di quanto sia ricca la cultura triestina. L’articolo di Magris  (triestino lui stesso) prende spunto da una visita alla casa dove soggiornò Joyce a Pola.

Alabardati sono pure Svevo, Tomizza , Stuparich, Marin, Kiezich, Tamaro, Saba….sicuramente dimentico altri. Bella idea per una rassegna libraria: la butto lì al nostro Anfitrione Angelo Chiani.

Torniamo a noi, all’”Homo homini lupus”. Nella interpretazione filosofica e nelle varie paternità attribuite a questa frase si fa più esplicito riferimento alla natura umana individuale, alle propensioni e comportamenti dell’individuo: non ne so abbastanza e se andassimo oltre andremmo fuori argomento. Ma i fatti di cui parliamo sono manifestazione collettiva – sostituiamo popolo a homo – di tale natura? Erano ineluttabili?

Ecco la frase più forte ed anche la più dibattibile del libro “… una tragedia umana…….in definitiva risultato estremo di un circolo vizioso innescato dall’imperialismo italiano e poi dal fascismo. Gli esuli sono le vittime ultime della politica aggressiva del regime, dai crimini di guerra commessi dall’esercito italiano e della sconfitta militare in una guerra che Mussolini aveva ottusamente contribuito a scatenare” (pag. 66)

Questa posizione sembra deresponsabilizzare completamente un protagonista, le forze jugoslave, e mi risulta evidentemente forzata,

Preferisco il “mio” Magris, sempre in “Primavera  Istriana”  “Gli errori e le colpe dell’Italia fascista e anche i pregiudizi antislavi precedenti il fascismo sono stati pagati sulla propria pelle da quella gente che ha perso tutto e si è trovata nell’occhio del ciclone quando gli slavi, oppressi dal fascismo, hanno avuto la loro riscossa. Come accade inevitabilmente una nazione conculcata che si rialza sfrena a sua volta un nazionalismo aggressivo, abbandonandosi a violenze indiscriminate e conculcando i diritti altrui”.

Qui almeno i protagonisti ci sono tutti nei loro ruoli: due lupi e un agnello (i profughi), e l’individuazione delle responsabilità mi sembra più soppesata.

Per la verità Gobetti non è incline a riconoscere il ruolo di vittime ai profughi, che tra l’altro preferisce ritenere migranti, in quanto non ci fu alcun atto formale di espulsione. Egli stesso, comunque, ammette forzature e costrizioni, oltre alla non accettazione di un nuovo ordine economico. Di fatto sembra che quasi il 90% della popolazione italiana lasciò la propria casa.

Anche sulle vittime delle foibe Gobetti “sfronda” il carattere di vittime: sostiene trattarsi in gran parte di personaggi emblema del regime o militari, e poi…tranne alcune eccezioni, non vi furono gettati da vivi, ma giustiziati lì accanto o morti di stenti nei campi di raccolta . Vi finirono anche alcuni innocenti, ma si tratta di inevitabili eccezioni.

Alla sensibilità
del lettore
il giudizio su queste
distinzioni.

Secondo me c’è un aspetto che pervade gran parte del saggio e che balza all’occhio anche al lettore più frettoloso: la continua ricerca di contestualizzare e relativizzare gli eventi, non o non solo, giustamente, per una loro maggior comprensione, ma per definirne la portata storica, politica e perfino morale.

Vado a memoria con un paio di esempi.

Gli eccidi delle foibe nel 43/45? Sì  vero, ma vi furono più vittime negli eccidi e nelle vendette  nell’Italia centro –settentrionale o in altre parti dei Balcani. E poi bisogna considerare il clima di anarchia di qui giorni……

E l’esodo? In fondo quello delle popolazioni di nazionalità tedesca fu, quello sì, una vera espulsione, con un milione di persone coinvolte, il triplo degli italiani, con molte piu’ vittime e dolore.

Ci sono cose difficili da misurare a peso e dimensioni specialmente i delitti dell’umanità contro se stessa.

Forse lo storico lo deve fare ma il lettore non può che restare perplesso: alla fine con un po’ d’ impegno si finisce per giustificar quasi tutto!

Il non storico (forse anche lo storico) non si può rispondere all’interlocuzione “E allora le foibe?” con “Sì, capisco, ma c’è stato e c’è di peggio!”

E’ sempre colpa della società!  E c’e’ sempre qualcuno più colpevole di me! C’è sempre un lupo più feroce!

Ma così non ne usciamo più!

Luigi Gerosa

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E ALLORA LE FOIBE?
di Eric Gobetti

Angelo Chiani

Libraio dal 1998, felice di esserlo e speranzoso di restarlo per ancora molti anni. Si innamora dei libri in tenera età ed ancora oggi non vede l’ora di trovarsi in loro compagnia...

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